L’AUTONOMIA FINANZIARIA ALL REGIONI
L’attuale situazione che sta attraversando tutto il mondo che nerita la nostra particolare attenzione, non deve distrarci da tenere bene sott’occhio quello che a casa nostra è già in pendola: la proposta della Lega di dare alle regioni una totale autonomia finanziaria.
Ciò significa che per tutte le spese necessarie ogni regione dovrà singolarmente procurare le relative risorse.
Per fare inghiottire questo rospo certamente ci saranno delle belle promesse. fatte da coloro che sanno, fin da ora, che non saranno rispettate.
Mi sono ricordato del mio primo articolo pubblicato su giornali on line, inserito alle pagine 7/9 del mio primo libro di Cronaca e riflessioni sulla politica italiana, datato 20 agosto 2011, sulla soppressione delle province, che ho pensato di riproporre.
“”LA SOPPRESSIONE DELLE PROVINCE
Desidero dare la mia adesione alla battaglia per la soppressione dell’Ente Provincia.
Finalmente una seria iniziativa mirata a contenere lo sperpero di denaro pubblico.
Mi preme soltanto ricordare che solo dopo 28 anni questa iniziativa è stata presa, dopo un lungo periodo di colpevole silenzio.
Negli anni ‘60, quando si cominciò a parlare della possibile istituzione delle regioni, il principale fautore on. Ugo La Malfa, a quanti si preoccupavano che l’economia italiana non era nelle condizioni di sopportare il relativo onere, rispondeva che con l’approvazione della legge, automaticamente si poneva fine alla sovrastruttura della provincia ed i comuni avrebbero avuto come interlocutore solo la regione.
Ma cosa che abitualmente si verifica nel nostro Paese, per ottenere un risultato non condiviso, bisogna fare tante promesse pur sapendo di non doverle rispettare.
Anche in sede di discussione nei due rami del Parlamento, dal novembre 1969 al gennaio 1970 alla Camera e nel mese di maggio 1970 al Senato, numerosi parlamentari, specie quelli vicini all’on. La Malfa, assicuravano che la soppressione dell’ente provincia, diventato ente inutile, sarebbe stato il prossimo ed urgente provvedimento che avrebbe completato la riforma.
Numerosi furono gli interrogativi posti sia da Deputati che da Senatori, ma desidero soltanto trascrivere brani dell’intervento dell’on. Mammì, Deputato molto vicino all’on. La Malfa, come risulta dal testo stenografico della seduta del 14 gennaio 1970 “…che le province siano enti artificiosi, che siano enti senza razionalità lo possiamo dire confortati dal parere di illustri studiosi di diritto amministrativo” “La provincia italiana ancora oggi, se la si esamina con occhio geografico, appare un ente inesplicabile”. Quando parliamo di abolizione delle province ci si risponde dall’estrema sinistra “abolite i Prefetti”. Ci sembra questa una risposta che sa di pressappochismo e che non tiene conto di quella che è la vera natura del problema.
L’unico Paese delle nostre dimensioni, con quattro livelli elettivi, sarebbe appunto l’Italia. Altri Paesi non ve ne sono.
Queste erano le considerazioni fatte da coloro i quali avevano proposto la creazione delle regioni a statuto ordinario.
Allora le province italiane erano 94, oggi sono più di 110 e decine di proposte sono state presentate, sia al Parlamento che alle Regioni che ne hanno la competenza, per aumentarne il numero.
Il Governo che aveva proposto l’abolizione delle province con una popolazione inferiore a 200.000 abitanti, con mossa successiva aveva ritirato questa proposta e con altra successiva ha ridotto a quattro le province da abolire!
Questa decisione del Governo resterà certamente lettera morta, perché molti sono gli interessi particolari consolidati che ne condizioneranno la scelta.
Un discorso a parte può essere fatto per la Sicilia dal momento che lo Statuto della Regione, che ha valore di norma costituzionale, prevedeva all’art. 15 la soppressione delle province e la creazione di liberi consorzi tra i comuni.
Norma abilmente aggirata dalla Regione con l’approvazione della legge 9/86 la quale da una parte soppresse le tradizionali province e creò i previsti liberi consorzi tra i comuni, dando agli stessi il nome di provincia regionale, assegnando ai consorzi gli stessi comuni delle soppresse province.
A seguito di questo provvedimento, da più parti considerato incostituzionale, alle nuove province regionali vennero date nuove e più importanti funzioni, assicurando cospicui finanziamenti che ne rilanciarono positivamente il ruolo.
Oggi la situazione è completamente cambiata perché a fronte delle nuove funzioni non corrispondono più adeguati finanziamenti e negli ambienti della Regione si riparla con tanta confusione di abolizione delle province e di creazione di aree metropolitane.
Ma il vero problema riguarda l’abolizione delle province in tutte le altre regioni.
Un provvedimento che potrebbe evitare un nuovo referendum al quale certamente ci porterebbe l’Italia dei Valori che, della soppressione delle province, ne ha fatto un problema di sostanza e non di forma.
Provvedimento non collegato alla contingente situazione economica del Paese, bensì come rispetto degli impegni assunti in occasione della approvazione della legge istitutiva delle regioni a statuto ordinario.””
Sono trascorsi altri undici anni e oggi si parla di dare alle regioni un’autonomia finanziaria, collegandola ad altre false promesse in corso di elaborazione.
Delle promesse fatte dai nostri parlamenti, con la p minuscola, non c è da fidarsi, basta ricordarsi dell’impegno assunto sessanta fa da quel parlamento; “il primo provvedimento sarà la soppressione delle province” che allora erano 94 mentre oggi sono più di 110, con l’aggiunta della creazione delle città metropolitane.
Il provvedimento che si vuole adottare servirebbe solo per aumentare la differenza tra le regioni del nord e quelle del sud, che già è molto ampia.
Se passasse questo provvedimento mi ricorderei di essere stato uno dei giovani, degli anni ’40, la fine della guerra in Sicilia, che guardava con simpatia Finocchiaro Aprile, fondatore del Movimento per l’indipendenza della Sicilia, che a lui va il merito, o il demerito, dello statuto speciale riconosciuto alla nostra regione, utilizzato male.