IL PROFETA EZECHIELE E LA NOSTRA REALTA’ SANITARIA Quinto secolo prima di Gesù Cristo. Ovvero, 2023 anni dopo quello che abbiamo come
riferimento della Sua incarnazione tra noi, cioè oggi.
Non è importante, se consideriamo i fatti, se proviamo ad analizzare la situazione che l’umanità
sta vivendo: nel V secolo a.C. il profeta Ezechiele vede il suo popolo come gregge allo sbando,
disperso, senza pastori che se ne prendano cura, con le pecore più deboli alla mercè di
predatori, isolate le une dalle altre alla disperata ricerca, ognuna a suo modo, di una via di
salvezza. Oggi, dopo più di 2500 anni, ci ritroviamo con una umanità divisa, priva di comandanti
e di capi che ne abbiano davvero a cuore i destini ed il benessere, forzatamente trasformata in
una massa di individui che pensano ognuno a sé stesso, cercando in un modo o nell’altro di
tirare avanti, dimentichi che l’unica forza per affrontare le difficoltà sta nella solidarietà, nella
forza del gregge.
Ezechiele condanna con ferocia i pastori, quelli che dovrebbero difendere questo gregge e che,
indotti da superbia ed interessi privati, trascurano i loro doveri e perseguono il proprio bene,
privilegiando le pecore migliori da cui traggono lana e cibo per sé stessi ed abbandonando le
altre al loro destino: è chiaro il riferimento ai capi, ai comandanti, a chi detiene il potere e male
lo esercita, dimenticando di essere preposto, in primo luogo, alla cura di chi gli fu affidato.
Oggi cosa è cambiato? Quali intenti perseguono i potenti, che sorte attende il debole, l’inerme,
chi non detiene ricchezze, chi è pecora debole o ferita o affamata? Come non vedere i mille
esempi di una condotta distante dalla cura e dall’ attenzione per gli uomini da parte di chi
detiene il potere, di chi dagli stessi uomini è stato chiamato ad assumere le difese del gregge?
Siamo stati in balia di una pandemia, gestita in modo diverso e contraddittorio nelle varie parti
del mondo, siamo tutt’ora in balia di un grave conflitto che a tratti pare essere, per i potenti,
fonte di speculazioni sul mercato degli armamenti e su quello del prestigio ed affermazione
politica, per tacere su altri conflitti in varie parti del mondo del tutto ignorati solo perché non
comportano coinvolgimenti diretti della parte più forte del “gregge”. Che dire poi, per guardare
in casa nostra, di situazioni sanitarie che solo qualche anno fa avremmo definite da “terzo
mondo” (e già questo terribile epiteto sta a significare quanto il gregge umano sia disunito e
versi in condizioni di divisione), con riduzione di stanziamenti economici e di servizi essenziali
per i più deboli, i diversamente abili, per chi vive in condizioni di precarietà economica, il tutto
privilegiando le poche “pecore grasse”, pagando, nella “civilissima” Italia, “gettoni” da 100/150
€ orari a personale medico in regime di convenzione con privati e creando vuoti allarmanti tra il
personale delle ASL.
In troppe parti del mondo si muore di fame e di sete: è facile da dirsi, ma terribile, da togliere il
sonno il pensarci seriamente: un individuo, migliaia di individui, che nella totale disperazione e
nel disinteresse dei “pastori”, di chi detiene il potere, saltano un pasto, poi un altro, e poi ancora
uno fino a morire, abbandonati da chi comanda ed avrebbe il compito, il dovere di difendere il
gregge invece di curare la propria immagine, il proprio interesse, la propria “pancia”.
Ezechiele urla la propria condanna per questi pastori, e ci ricorda che la forza della comunità è il
gregge: unito è inattaccabile, disperso è vittima di predatori. Solidarietà e reciproco sostegno
sono la nostra forza, perseguire tornaconti personali la nostra debolezza. Amore per il prossimo
è anche saper sostenere quei “pastori” che hanno a cuore l’interesse del gregge piuttosto che
quello di pochi, anche se abbiamo l’illusione di essere tra questi, come pecore grasse che sono
pasciute perché fornitrici di lana per i potenti. Amore per il prossimo non è forse anche il
dovere, per amore cristiano, di sollecitare e stimolare, per quanto ognuno può fare, i propri
propositi a perseguire il bene sociale?
Dopo Ezechiele è venuto il Messia, che ci ha ricordato più volte il concetto di gregge, e si è
rivolto ai pastori sottolineando il loro ruolo di servizio e non di privilegio. Oggi, più di duemila
anni dopo, dobbiamo per forza ritornare su questi concetti: dal più piccolo fino al più alto
rappresentante del potere, chi è chiamato ad esercitarlo lo faccia nell’interesse del gregge e non
di quello personale, ed il gregge rifletta sempre, nel conferire il mandato ai “capibranco”,
nell’ottica doverosa di essere fratelli, solidali ed in spirito di carità, delle pecorelle più deboli,
affinché anch’esse possano fruire di tutti i benefici del vivere insieme perseguendo, come
raccomanda Papa Francesco, obbiettivi di uguaglianza e di pace.
Don Salvatore Minuto Parroco Chiesa San Giuseppe Nissoria