Consultori: Cgil Sicilia, no all’ingresso delle associazioni pro-vita.
Il sindacato scrive al governo regionale e alle deputate dell’Ars
Palermo, 30 apr- La Cgil Sicilia chiede al governo regionale di non
aprire i consultori alle associazioni pro- vita, possibilità data da un
recente decreto sull’utilizzo dei fondi del Pnrr per queste strutture.
Gabriella Messina ed Elvira Morana, esponenti della Cgil Sicilia, hanno
scritto al presidente della regione, alle assessore alla sanità, al
lavoro e alla famiglia, al territorio e ambiente, al turismo, ai
componenti della VI commissione dell’Ars e a tutte le deputate,
chiedendo “la piena attuazione della legge 194/78 e il rispetto della
destinazione dei fondi del Pnrr”. E colgono l’occasione per
sottolineare alcune criticità del servizio, in relazione anche
all’interruzione volontaria di gravidanza, chiedendo di “intervenire
con urgenza per la difesa della salute delle donne”. La Cgil segnala
che “ le suddette criticità emergono anche dalla relazione
ministeriale, che pur offre un quadro parziale. Si rilevano tuttavia per
i consultori- sottolinea il sindacato- una capacità attrattiva rispetto
alla popolazione del 3,8%, (dato nazionale 5,2%); la copertura del
servizio da parte della figura professionale dell’ostetrica soltanto
per 19 ore settimanali , per 14 ore dell’assistente sociale; per 21,6
ore del ginecologo.
In sintesi l’equipe completa- sottolineano Messina e Morana- è
assicurata soltanto per l’0,4% del servizio”. Le esponenti della
Cgil rilevano che “l’ esiguità del servizio ( 1 consultorio per
oltre 26 abitanti invece che 1 ogni 20mila) viene rilevata dallo stesso
assessorato nella relazione sulla programmazione della medicina
territoriale”. “Per quanto riguarda i dati sull’interruzione
volontaria di gravidanza – continuano le esponenti sindacali- emerge
che su 57 strutture con reparto di Ostetricia e ginecologia quelle che
effettuano IVG sono n. 31; dalla lettura analitica delle strutture si
rileva poi che gli interventi vanno da uno 0,02 ad un 13,4 in una
singola struttura. ”Questi dati- osservano Messina e Morana- ci
consegnano un sovraccarico in una struttura del 13,4 a fronte della
media nazionale 0.9 e di quello regionale 1,8% con serio pericolo sia
per la salute della donna sia per il personale medico stesso”. Nella
nota la Cgil sottolinea l’alta percentuale di medici obiettori,
l’85%; i tempi d’attesa lunghi da cui deriva una non appropriatezza
della procedura; inoltre l’interruzione farmacologica non in linea con
le ultime linee guida. “Un quadro, insomma- concludono- che conferma
la disattenzione di una classe politica prevalentemente al maschile che
non ha mai posto al centro delle politiche pubbliche i bisogni delle
donne”.