Unci AgroAlimentare, Scognamiglio: con le politiche Ue la pesca italiana avrà futuro?
Apprezzamento per il Piano nazionale del mare nell’audizione dei portatori di interesse del lavoro marittimo
“Le imprese e i lavoratori della pesca professionale hanno diritto a sapere quale sarà il proprio futuro. Il settore è da anni ingiustamente nel mirino di Bruxelles. La richiesta, quindi, è più che mai opportuna oggi alla vigilia delle elezioni europee”. Così Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale dell’Unci AgroAlimentare, all’audizione sul lavoro marittimo, tenuta ieri a Roma, presso la Struttura di missione per le politiche del mare, guidata dal ministro Musumeci.
“La programmazione degli interventi e delle risorse da investire – ha proseguito il dirigente dell’associazione del mondo cooperativistico – nei settori pesca e acquacoltura è un importante ed innovativo punto fermo. Con il Piano nazionale del mare, prodotto dagli esperti del comitato interministeriale e approvato dal governo, si è definita una regia unica dell’economia del mare, ponendo attenzione alla salvaguardia e alla valorizzazione di un immenso patrimonio naturale. Il confronto costante con i diversi attori pubblici e privati del sistema, a cominciare dalle organizzazioni di categoria, costituisce un passaggio fondamentale per l’aggiornamento del documento strategico e per la sua efficacia operativa. Soltanto attraverso scelte condivise e lungimiranti è possibile rendere l’economia blu un asse strategico del Paese.
L’Italia, per la sua posizione geografica, per la sua morfologia, per la storia, per le tradizioni e i saperi diffusi che possiede non può che guardare in maniera privilegiata al mare. Il Piano pertanto costituisce un tassello significativo di questo percorso, che deve proseguire, anche approfondendo le fragilità e le criticità esistenti. Le filiere della pesca e dell’acquacoltura, per la loro presenza diffusa e consolidata e per la crescente versatilità, sono sicuramente un segmento centrale dell’articolato sistema-mare, le cui problematicità richiederebbero un’attenzione comune, rispondendo ad una logica unitaria, complessiva ed armonica, che sottende il Piano, rafforzandolo. Indubbiamente infatti questi settori, insieme ad altri, costituiscono un primario interesse nazionale, peraltro con ricadute importanti per la qualità dei prodotti che arrivano sulle tavole dei consumatori, per gli equilibri socio economici di moltissime realtà costiere e per il ruolo di custodi del mare che gli operatori rivestono, diversamente da come altrove qualcuno vuol far credere.
Un settore, quello della pesca, che non ha mai smesso di mettersi in discussione, accogliendo le sollecitazioni provenienti dall’esterno, ponendosi da tempo la sfida della sostenibilità ambientale, senza però tralasciare, come non di rado succede nei Palazzi istituzionali, in particolare in quelli dell’Unione europea, quella economica e sociale e, dunque, la tenuta occupazionale.
Proprio per questi motivi, abbiamo giudicato positivamente la posizione ed il lavoro svolto dal Ministero dell’Agricoltura, che ha impresso un cambio di passo metodologico e di approccio politico.
Ma gli indirizzi Ue impongono una riduzione drastica della pesca a strascico, già limitata, che comprometterebbe l’intero settore”.
“A questo punto – ha concluso Scognamiglio – una riflessione è d’obbligo, per un settore già provato da diversi fattori di crisi e per il quale il ricambio generazionale diventa sempre più complicato. Fermo restando l’importanza della formazione, dell’aggiornamento e dell’innovazione professionale e la necessità di salvaguardare la biodiversità marina, si pone un quesito: ci sarà ancora spazio per la pesca in Italia e possibilità e convenienza a praticarla?”.