IL MANIFESTO DI VENTOTENE
Esattamente 80 anni fa, nel 1941, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, in esilio nella piccolissima isola di Ventotene, nel loro interessante manifesto scrissero tra l’altro: “Insolubili sono diventati i molteplici problemi che avvelenano la vita internazionale del continente, tracciato dei confini nelle zone di popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco a mare dei paesi situati all’interno, questione balcanica, irlandese ecc., che troverebbero nella Federazione Europea la loro più semplice soluzione”.
Purtroppo l’Unione europea creata dai cosiddetti padri fondatori sulla scia del famoso Manifesto di Ventotene, è stata successivamente talmente mal realizzata con tanti risultati negativi ben noti, ma quelli veri sono venuti a galla in occasione dell’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina.
Scelte di politica estera affidata a 28 Ministri degli esteri e di politica economica affidata ad altri 28 Ministri.
Materie di grande importanza affidate a mediazioni che ne hanno indebolito lo spirito.
In diverse discussioni si è parlato di minaccia di “veto”, anche da parte di piccolissimi Stati, nella decisione di scelte suggerite dalla quasi totalità degli Stati.
La Germania, che non condividerebbe il blocco totale della fornitura di gas dalla Russia, farebbe fare, in questo particolarissimo momento, all’Unione europea la classica figura di merda.
Avere mantenuto per circa 70 anni, oggi con 29 Stati, il veto previsto quando gli Stati erano pochi, rappresentati da politici di un certo livello, è stato e continua ad essere l’ostacolo per uscire da un pericoloso pantano.
Questo è parte di quanto da me scritto in una nota pubblicata su diversi giornali on line, inserita alle pagine 42,43 e 44 del mio IV volume di Cronaca e riflessioni sulla politica italiana, con il titolo
I NANI D’EUROPA:
“E al Manifesto di Ventotene, Altiero Spinelli con Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Robert Schuman, Josef Bech, Konrad Adenauer e Paul Henri Spaak fecero riferimento nel 1951 quando, in rappresentanza dell’Italia, della Francia, della Germania, del Belgio, dei Paesi Bassi e del Lussemburgo diedero vita alla Comunità Europea del Carbone e dell’acciaio, meglio conosciuta come CECA.
Era per loro il primo passo per iniziare l’opera che avrebbe dovuto concludersi con la Federazione degli Stati d’Europa.
Molte le successive iniziative, culminate nel 1978 con la decisione di effettuare l’elezione dei membri del parlamento europeo con il suffragio universale.
Molti i protocolli firmati: per regolare il Mercato Comune Europeo, il Parlamento Europeo, il Sistema monetario europeo.
Molti i trattati: quello di Schengen, relativo alla abolizione dei controlli nelle frontiere, quello di Maastricht che sancisce l’Unione Europea e altri di minor rilevanza.
Ma un errore venne fatto nel 1966 con il “Compromesso del Lussemburgo” che stabiliva il principio di unanimità con la possibilità per ogni Stato di potere esercitare il diritto di “veto”.
Decisione grave allora, quando si trattava della piccola Europa, gravissima oggi con 29 Stati, dal momento che la piccola “Malta” può, con il suo veto, bloccare ogni attività dell’Unione europea, attività affidata totalmente nelle mani di una burocrazia che rende sempre più difficile la vita degli stati membri.”
Senza la vera unione politica, con 29 pensanti anche per problemi di modesta entità e con la guerra in corso, giorni neri ci attendono, più neri di quelli che chi scrive ha vissuto nel corso della seconda guerra mondiale
angiolo alerci