
Borghi dei Tesori Fest: si inizia sabato 20 agosto. I piccoli comuni siciliani svelano i loro gioielli
Tre weekend alla scoperta di una Sicilia inedita: 20/21 – 27/ 28 agosto – 3/4 settembre
Pullman da Palermo per i borghi. E i visitatori potranno assistere agli spettacoli a Segesta con biglietti scontati
PALERMO. Non si potrà certo dire che qualcuno resterà insoddisfatto, visto che i quasi quaranta borghi siciliani che aprono le porte, coprono di fatto ogni desiderata: di chi ama il verde incontaminato e chi invece le chiese barocche, chi vuole il mare e chi i monti, chi preferisce provare i sapori antichi e chi cerca l’olio novello, chi magari vuol scoprire come si riempie un cannolo e chi invece vuol partecipare alla raccolta delle pesche. Perché ognuno di questi borghi è pronto a mettersi in gioco e ha rovistato tra chiese sconosciute, giardini irraggiungibili, monasteri serrati e piatti dimenticati, per offrire il suo lato migliore.
Tre weekend, una quarantina di borghi spalmati in otto province, circa 400 tra siti, passeggiate ed esperienze e 500 giovani coinvolti per raccontare una Sicilia del tutto sconosciuta. Per il secondo anno, da domani (20 agosto) ritorna Borghi dei tesori fest. La formula è quella rodata delle Vie dei Tesori, di cui il festival dei Borghi è una costola: il 20 e 21, poi il 27 e 28 agosto, e il 3 e 4 settembre, sempre sabato e domenica, tra luoghi da visitare, esperienze da condividere, passeggiate.
I Borghi stringono collaborazioni importanti: infatti dal 7 settembre il festival accoglierà in cinque comuni, uno spettacolo prodotto dal Teatro Biondo “In nome della madre” con Galatea Ranzi; e i visitatori dei Borghi dei Tesori accederanno con lo sconto “residenti” agli spettacoli del Segesta Teatro Festival.
Ma la vera “conquista” è in modalità “senza pensieri”. Nei tre weekend si potrà, infatti, viaggiare sui comodi pullman del nuovo partner Auto Service. Partenze da Palermo, arrivo in tutti i centri coinvolti, andata/ritorno in giornata, secondo il calendario su www.leviedeitesori.com.
Eccoli quindi i borghi, e ognuno sarà un’esperienza: ci sono anche cinque new entry, Montevago (AG), Alcara Li Fusi (ME), Chiusa Sclafani e Piana degli Albanesi (PA) e Calatafimi Segesta (TP). Il plotone più numeroso dei borghi che aderiscono al festival è come l’anno scorso nel Palermitano: qui il festival arriverà in 16 borghi; mentre sono 8 i piccoli comuni dell’Agrigentino, 2 nel Nisseno, 1 ciascuno nelle province di Enna, Siracusa e di Trapani; 2 nel Catanese e 6 nel Messinese. L’elenco è folto e inizia dall’Agrigentino con Bivona, Burgio, Caltabellotta, appunto l’esordiente Montevago, Naro, Sambuca, Sant’Angelo Muxaro e Santo Stefano Quisquina; nel Nisseno, Sutera e Vallelunga Pratameno; nel Catanese, Licodia Eubea e Piedimonte Etneo; nell’Ennese, si salirà a Centuripe. Sui Nebrodi, o comunque nel Messinese, i più piccini, altra new entry Alcara Li Fusi, poi Frazzanò, Graniti, Mirto, San Piero Patti e Savoca. Folto il drappello del Palermitano, con Baucina, Blufi, Caccamo, Castronovo, la novità Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Gangi, Geraci Siculo, Giuliana, Isnello, Petralia Soprana, altra novità, Piana degli Albanesi, poi Pollina, Prizzi, San Mauro Castelverde, e dal prossimo weekend, anche Vicari. Chiudono Siracusa, con Portopalo di Capo Passero; e Trapani dove debutta Calatafimi Segesta.
Si potrà visitare una vera casa rabbinica per chiedersi se è vero che gli ebrei scomparvero in Sicilia dopo il 1492 o invece rimasero, anonimi, protetti dalla comunità; si potrà assaggiare la pizza antica fatta insieme, scoprire la tomba intonsa dei re sicani o l’antico monastero basiliano unico nel Sud Italia, osservare da vicino gli ultimi grifoni o ascoltare la voce della memoria tra le rovine di una ghost town, sorprendersi davanti a una pianta a forma di cuore che abbraccia il muro di una venerabile abbazia, riposarsi sotto un ulivo vetusto di 1800 anni, contare quanti borghi possiedono un rabat arabo o quante sorgenti e fontane ci siano tra le viuzze, sedersi tra i banchi di una scuola di un secolo fa e ricevere una pagella monarchica, salire su una barca e perdersi tra due mari. E le esperienze: riempire un cannolo gigante, veder cesellare un gioiello, cucinare il cuddiruni, raccogliere le pesche o partecipare alla vendemmia.
La nuova associazione di piccoli comuni uniti sotto l’egida della Fondazione Le Vie dei Tesori è nata un anno e mezzo fa tra realtà che vogliono intraprendere azioni di rigenerazione, ripopolamento e sviluppo sostenibile. Borghi dei Tesori Fest è promosso dalla Fondazione Le Vie dei Tesori in collaborazione con tutti i Comuni, ed è sostenuto da IGT, Poste Italiane e Fondazione Sicilia. È stato selezionato dall’assessorato al Turismo della Regione siciliana per potenziare il programma SeeSicily e il brand Sicilia. Quest’anno il 100 per 100 dei coupon del Festival, che sono donazioni, saranno devoluti dalla Fondazione Le Vie dei Tesori all’associazione Borghi dei Tesori, per progetti di rigenerazione e di promozione del territorio.
Le Vie dei Tesori ha messo a disposizione dei festival dei Borghi il proprio background: anche Borghi dei Tesori Fest sarà una rassegna smart e digitale, con un unico coupon valido per le visite in tutti i luoghi che apriranno le porte. Sul sito www.leviedeitesori.com, sui social e sul magazine del festival, saranno disponibili schede dei siti, approfondimenti, curiosità. Come nel Festival delle città, un coupon da 18 euro varrà per 10 visite, un coupon da 10 euro per 4 visite. I coupon saranno disponibili nell’infopoint in ogni borgo e sul sito www.leviedeitesori.com/borghideitesori.
I BORGHI DEL FESTIVAL
Visitare tutto sarà impossibile, ma è meglio che resti sempre qualcosa da vedere, per ritornare, approfondire, scoprire magari i borghi vicini, il bosco nascosto, la sorgente o l’artigiano.
AGRIGENTO. Qualche esempio, a volo d’uccello, ma è impossibile citare tutto: a partire dall’arroccata Caltabellotta dove una studiosa è riuscita a ridisegnare l’antico quartiere ebraico, e il festival mostra per la prima volta la casa rabbinica e i resti della sinagoga; a Montevago si avverte ancora il dolore del terremoto, inoltrandosi tra le macerie della Matrice che sono state rese un museo en plein air; la barocca Naro mostra la sua bellissima Bibbia poliglotta, a Sant’Angelo Muxaro si visita il regno antico di Kokalos e a Santo Stefano di Quisquina si va in pellegrinaggio dalla Santuzza (ma non prendete impegni per il terzo weekend quando inaugureranno la prima “Via delle sorgenti” che conduce alle polle sorgive dei monti sicani); a Sambuca si tornerà sulle sponde del Lago Arancio per visitare il fortino di Mazzallakkar riemerso ancora una volta, ma stavolta ci sono anche un antico convento e un palmento preistorico. A Bivona è tempo di pesca-experience: si potrà addirittura partecipare alla raccolta nei pescheti, e assaggiare marmellate deliziose; mentre a Burgio si attivano percorsi visitabili per la prima volta che portano nel cuore antico del borgo.
PALERMO. Risalendo verso Palermo ma restando sempre in terre sicane, ecco Contessa Entellina dove tra i tanti tesori, ci sarà anche una masseria fortificata, si potrà partecipare sia alla vendemmia che alle degustazioni al tramonto, o visitare cantine, caseifici, apicoltori, pollai all’avanguardia; ma non dimenticate l’abbazia, di una bellezza quasi irreale. Poi c’è Giuliana che vive all’ombra del suo castello, dove rivivranno Federico II e le donne che lui amò, in una serie di visite teatralizzate. La new entry Chiusa Sclafani conserva ancora intatto il suo cuore medievale e si perde tra monasteri, abbazie e palazzi nobiliari. Poi c’è Prizzi, il più alto borgo dei Sicani, con le sue tantissime chiese e i reperti archeologici dell’antica Hyppana; a Castronovo, invece, abitata sin dai tempi preistorici come testimoniano arcosoli e tombe, ci si muove tra abbeveratoi, resti di mulini ad acqua, fontane, cannoli e lavatoi. Eccoci sulle Madonie: c’è Blufi piccina, che l’anno scorso era nera nera di fiamme e oggi apre il suo santuario nato lì dove sgorga un olio miracoloso, che in primavera è immerso in un mare rosso di papaveri. Ma la vera patria delle olive è San Mauro Castelverde dove si scopriranno le differenze tra i frantoi nel corso dei secoli e ci si potrà riposare sotto l’ulivo Matusalemme: 1800 anni portati con brio. A Petralia Soprana spunteranno gli stendardieri e vi faranno addirittura provare a far roteare una bandiera. Geraci Siculo è un gioiello e lo è anche di più perché sospesa sul vuoto. E Gangi, una montagna vestita di case, tra musei delle tradizioni contadine, palazzi baronali con misteriosi simboli alchemici e i capolavori di Gianbecchina. Scendendo un po’, da Isnello, patria di chi sogna (e guarda) le stelle, partirà una passeggiata che, attraverso una stretta fenditura di roccia, arriverà ai ruderi del castello; e non dovete dimenticare le chiese, nelle medievale San Michele, scoprire un soffitto ligneo settecentesco di spettacolare bellezza. A Baucina preparerete con le donne del paese, il cuddiruni, ma vi mostreranno anche la vara di Santa Fortunata finanziata dagli emigrati; nella chiesa-salotto di San Benedetto alla Badia, a Caccamo, c’è un pavimento di oltre 5000 mattonelle dai colori vivaci che rappresentano paesaggi, animali, angeli; a Piana degli Albanesi parleranno la bellissima lingua arbëreshë, ma vi spiegheranno sia come nasce il famoso cannolo che come si cesellano antichi gioielli finissimi. Chiude Pollina, dove incontrerete chi raccoglie la manna, le “lacrime” bianche dei frassini.
CALTANISSETTA. Nel Nisseno, a Sutera ci si potrà affacciare dal “balcone della Sicilia”, ma soprattutto vi porteranno a Pizzo San Marco dove sono state appena restaurati “Li figureddi” così chiamati dalla comunità locale, in realtà affreschi dalla data incerta in una cappella che di certo prima era una tomba sicana. Nel museo etnoantropologico di Vallelunga Pratameno, sono state perfettamente ricostruite le botteghe degli artigiani, ma anche un’aula scolastica di fine Ottocento: qui ci si siederà tra banchi da libro “Cuore” ricevendo anche una pagella “monarchica”.
ENNA. SIRACUSA. TRAPANI. Una provincia, un borgo: a Centuripe (EN) aprono due chiese che sono merletti barocchi; a Portopalo di Capo Passero (SR) si capirà cosa era il “garum” romano, ma si prenderà anche la barca per raggiungere un’isola nell’isola; dall’altro capo esatto, Calatafimi Segesta (TP) deve rinunciare per questo primo weekend alla Matrice e all’orologio recuperato (con il supporto del Premio Borghi dei Tesori), lambiti poche ore fa dagli incendi, ma nel frattempo si potrà partecipare a numerosi laboratori artistici e vi mostreranno i Giardini della Kaggera, un Eden incontaminato che accoglie antichi mulini, i giardini di arance, l’antico lavatoio del lino di Contrada Canale e le “zachie arabe”. Un programma corposo che si può integrare con gli spettacoli del Segesta Teatro Festival a breve distanza.
MESSINA. Si sale ancora, eccoci nel Messinese: a Mirto ci si perde tra pizzi e merletti, sparati e damaschi, ma ci sarà anche uno strano personaggio che vi aprirà il suo libro segreto, colmo delle firme di chi è passato dall’elegante Grand Hotel et Des Palmes di Palermo. Poi si arriva sui Nebrodi ed ecco i borghi più piccini, stretti stretti come fratelli, con conventi che affiorano dai boschi: a Frazzanò, San Filippo di Fragalà è tra i più antichi monasteri basiliani del Sud; San Piero Patti vi perderete tra i vicoletti di Arabite che era una vera e propria casbah araba. La new entry del festival, Alcara Li Fusi si è messa d’impegno, il programma è già bellissimo ma nel terzo weekend vi porterà là dove nidificano i grifoni. Dai Nebrodi ai Peloritani è un attimo: di Graniti – che si muove tra pini e coloratissimi murales – s’innamorò perdutamente Francis Ford Coppola che qui girò alcune scene del Padrino, come anche nella vicina Savoca, dove in una sezione apposita del museo antropologico, è conservato anche il ciak battuto sul famoso set; e dal prossimo weekend, si visiterà anche la famosa cripta con le 17 mummie di notabili del posto.
CATANIA. Uno si distende alle pendici dell’Etna, l’altro è adagiato sulle colline a nord dei monti Iblei, da un capo all’altro della provincia di Catania: Piedimonte Etneo è un borgo “giovane”, nato a metà ‘600, ma dopo esser scesi dal campanile, dirigetevi verso le due frazioni gemelle, Borgo Presa e Borgo di Vena per ascoltare la storia della Madonna che fermò la lava e partecipare a degustazioni e visite alle cantine; Licodia Eubea ricama invece origini paleolitiche e il suo splendido affresco della Grotta dei Santi, commuove: qui vicino, ma in territorio di Vizzini, ecco la Cunziria, altra ghost town, borgo dove viveva una grande comunità di conciai; tra le case diroccate e la chiesa, ci sono ancora le vasche per la concia delle pelli.
Si deve ad una studiosa di storia ebraica e a uno storico locale il grande “tesoro” che verrà scoperto in questa edizione del festival. Siamo in provincia di Agrigento, anno di grazia 1450 circa: Caltabellotta, arroccata su una montagna, è un paesino dove vive la più grossa comunità di ebrei siciliani insieme a quella di Sciacca. Ma mentre quest’ultima è fatta da famiglie di notabili, questa di Caltabellotta è composta da aromatari, medici, notai. Con l’editto di Castiglia del 1492 gli ebrei diventano fuorilegge: chi scappa, chi espatria, chi si converte. La comunità di Caltabellotta scompare o probabilmente continua a vivere nascosta, ma fa perdere le proprie tracce. Siamo all’oggi: la studiosa di ebraismo Angela Scandaliato scopre sullo stipite di un’antica porta, una pietra tombale di forma trapezoidale. La sua ricerca ha inizio e riesce a ricostruire il quartiere ebraico,. Con l’aiuto del custode della casa che è anche uno storico locale, Vincenzo Mulè, il festival riesce ad aprire per la prima volta la casa rabbinica con un soffitto ligneo straordinario, i resti della sinagoga e del pozzo. Saranno possibili le visite per sole 5 persone per volta, durante i tre weekend del festival. Questo è soltanto uno dei tanti luoghi nei borghi dell’Agrigentino: a Santo Stefano di Quisquina tutto racconta santa Rosalia che qui visse a lungo in una grotta. L’eremo è il cuore di percorsi e visite, ma la vera novità sarà (nel terzo weekend) il debutto delle Vie dell’acqua un percorso tra sorgenti, fontanelle e antiche gebbie, da riscoprire nel verde incontaminato, nei boschi di roverelle e lecci, tra conigli, lepri e volpi rosse, per arrivare fino al fortino di oro blu custodito tra la roccia dei Monti Sicani. Naro non è nuova all’esperienza, ha fatto parte anche del festival “madre”: è una cittadina che nasconde un barocco inedito e straordinario che si scopre nei palazzi, negli architrave, nei frontoni. Qui una bibliotecaria appassionata vi mostrerà con un affetto delicato, una bellissima Bibbia poliglotta, unica al mondo, che sono arrivati a studiare sin da Oxford. Una chiocciola di 62 gradini, e una vista meravigliosa sulla Valle del Platani: la offrirà il campanile della chiesa della Madonna del Carmelo a Sant’ Angelo Muxaro dove si visita il regno antico di re Kokalos, che appare misterioso così come lo sono i reperti conservati al MuSam, il museo archeologico, e la Tomba del principe. Sambuca non ci stava a far vedere “soltanto” il fortino di Mazzallakkar sulle rive del lago Arancio – non perdetelo, ogni sei mesi sorge dalle acque, in queste settimane è visibilissimo – ma aggiunge anche un palmento protostorico, un convento dei cappuccini inedito e le degustazioni al tramonto in cantina. Bivona è la patria delle pesche, questo lo si sa da tempo, e si potrà partecipare alla raccolta diretta nei pescheti; ma qui scoprirete anche le tracce della Meschita ebraica, la devozione alla Santuzza e un bellissimo parco artistico naturale dove si respira arte e bellezza e dove si ricorda un ex tracomatosario, uno dei due che funzionarono in Sicilia nel dopoguerra, l’ospedale dove si curava il tracoma, che accolse i bambini più poveri e denutriti, assicurando pasti e lezioni scolastiche. Un passo ancora ed ecco Burgio, dal cuore antico, dove si attivano percorsi visitabili per la prima volta che condurranno tra le vie più autentiche del borgo. Il tour nell’Agrigentino si chiuderà a Montevago che è al suo debutto nel festival: qui si avverte ancora il dolore del terremoto, ancora di più visitando i ruderi della Chiesa Madre e inoltrandosi tra le macerie che sono state rese un museo en plein air, dove già hanno dato il loro contributo gli street artists Ligama, Pascal Catherine, Bruno D’Arcevia e Patrick Ray Pugliese. Si visiterà anche baglio Ingoglia che nel 1962 fu utilizzato come set del film “La smania addosso” di Marcello Andrei, con Annette Stroyberg e Vittorio Gassman, e oggi è la nuova sede della Strada del vino delle Terre Sicane.
Si sale ancora, eccoci nel Messinese che partecipa al festival con un drappello agguerrito di sei borghi. Partiamo da Mirto dove ci si perde tra pizzi e merletti, sparati e damaschi, poi si arriva sui Nebrodi ed ecco i borghi più piccini, stretti stretti come fratelli, con conventi che affiorano dai boschi. Mirto è un incantevole borgo medievale e… green fin dalla notte dei tempi. E non soltanto perché il suo nome si rifà alla pianta celebre per le sue proprietà balsamiche, ma anche perché il comune messinese diede i natali a Francesco Cupani, frate francescano e naturalista che vi nacque nel 1657. Fondatore dell’orto botanico di Misilmeri, Cupani dedicò tutta una vita alle scienze naturali, studiano soprattutto la flora endemica della Sicilia. Le visite saranno equamente divise tra diversi poli: uno di certo importante è quello del museo del Costume che racchiude una collezione bellissima dal Settecento agli anni Cinquanta del Novecento quando le sarte messinesi copiavano i cartamodelli parigini: mille e cinquecento abiti, cappelli, pizzi e vari accessori provenienti da famiglie siciliane, frutto in buona parte di donazioni. Poveri o gattopardi, ogni abito ha una storia. Ma Mirto è anche il paese che ricorda l’etnomusicologo Alain Lomax e l’outsider artist Maria Concetta Cassarà che è stata scoperta solo per caso dai critici internazionali. E tanto altro, tra degustazioni, ricette e percorsi naturalistici. Con Frazzanò, Longi e Galati Mamertino, Mirto è uno dei “quattru paisi di li funci” dove si produce un ottimo olio di oliva Igp e viene allevato il maialino nero dei Nebrodi: ecco quindi Frazzanò che è una manciata di case adagiate con grazia lungo la vallata del fiume Fitalia, ma possiede San Filippo di Fragalà, uno tra i più straordinari e antichi monasteri basiliani del Sud Italia, fatto costruire dal conte Ruggero e dalla contessa Adelasia nel 1090 sulla cima di Monte Castro. Di Graniti, invece, s’innamorò perdutamente Francis Ford Coppola che qui girò qui la scena del funerale che apre “Il padrino – Parte II”. Oggi è un borgo particolarmente amato dagli artisti: vi parleranno dello scultore Peppino Mazzullo e della sua eredità, raccolta dagli artigiani che sbozzano ancora la pietra con maestria. E di tanti altri artisti che punteggiano di colori le stradine del borgo antichissimo. Ma se è di Coppola che vogliamo parlare, non possiamo dimenticare Savoca, dove il ciak originale usato sul set è proprio esposto nelle sale del museo etnoantropologico (che è tutto da scoprire); anche questo borgo è particolarmente amato dagli artisti, fatevelo raccontare da Nino Ucchino, che riesce a far “vivere e respirare” il ferro. A San Piero Patti si cambia completamente genere: qui vi perderete tra i vicoletti di Arabite, vera e propria casbah che risale all’827 dopo Cristo, anno in cui gli arabi si insediarono nel quartiere che da loro, appunto, prende il nome. E’ un borgo che trasuda cultura medievale, pietre antiche, iscrizioni, misteri come il Cristo Nero nella chiesa di Santa Maria; e sentieri naturalistici, rocche scoscese, anfratti. Gli stessi dove nidificano i grifoni di Alcara Li Fusi: new entry del festival si è messa d’impegno, il programma è bellissimo e racchiude una delle esperienze più attese, oltre a chiesette commoventi, monasteri di clausura, eremi e un organo seicentesco che è tra i più antichi della Sicilia. Nel terzo weekend (3 e 4 settembre) guidati da Nicolino Romano, si potrà osservare l’aquila reale ma soprattutto scoprire i luoghi di nidificazione degli avvoltoi grifoni che in Sicilia scomparvero negli anni Sessanta. Questa è l’ultima colonia rimasta, reintrodotta nel parco dei Nebrodi dal 1999, e da allora coccolata dall’associazione Ambiente Sicilia.
Uno si distende alle pendici dell’Etna, l’altro sulle colline a nord dei monti Iblei, da un capo all’altro della provincia di Catania: Piedimonte Etneo è un borgo “giovane”, nato a metà ‘600, ma è nelle sue trazzere che si raccontano storie bellissime; Licodia Eubea ricama invece origini paleolitiche. Cominciamo da Piedimonte, terra di Nerello e Carricante, di olio e di agrumi, di palme e di ginestre: nasce nel 1650 come parte dei possedimenti dei nobili Gravina Cruylas, baroni di Francofonte e principi di Palagonia che lo governeranno fino all’800. Nel santuario Vena vi racconteranno la leggenda della Madonna Odigitria legata alla sua fondazione. Per i tre weekend del festival, Piedimonte ha preparato un programma corposo che comprende anche la vista dal campanile della Matrice, di solito fruibile soltanto per la Festa della vendemmia; un’altra sorpresa si avrà al convento dei padri Cappuccini dove sarà vistabile la cripta. Esperienze nelle due frazioni di Presa e Vena, ognuna con le proprie caratteristiche: tra visite e degustazioni, street art vi racconteranno della Madonna che salvò il borgo dalla lava e della Madonna “della tenerezza”. All’altro capo della provincia c’è Licodia Eubea, luogo abitato sin dal Neolitico come dimostrano i reperti del museo archeologico. Dominato dai ruderi del Castello Santapau (i signori del borgo, li racconteremo durante una passeggiata articolata), accoglie con le sue necropoli e le chiese citate dal Verga. Ma è a pochi chilometri da Licodia, la vera sorpresa: la grotta dei Santi, ambienti scavati nella roccia, conosciuti e usati nei secoli dai pastori: con una Crocifissione di forte impatto, un dipinto murale degli inizi del XIV secolo, visibile nell’ultima grotta che venne trasformata in oratorio da monaci austeri. E a pochi chilometri, ma in territorio di Vizzini, ecco la Cunziria, altra ghost town, borgo dove viveva una grande comunità di conciai; tra le case diroccate e la chiesa, ci sono ancora le vasche per la concia delle pelli
L’ultimo comune è sulla punta estrema della Sicilia: Portopalo di Capo Passero è proprio là dove si incontrano i due mari, borgo marinaro fondato nel 1778 da don Gaetano Deodato Moncada che, a sue spese, fece costruire un centinaio di case bianche attorno alla tonnara. Oggi è un polo turistico importante che si riempie d’estate: artisti hanno scelto di viverci – si visiterà la casa d’artista di Karam (Sebastiano Cannarella) che condurrà le visite di persona; e vi ha sede una delle più importanti strutture scientifiche di ricerca sottomarina, l’INFN dove vi spiegheranno i segreti dell’universo a partire dal mare, tra rilevatori giganteschi, raggi cosmici, le radiazioni provenienti dal sole, sensori ottici e molto altro. Si visiterà in barca, anche il forte spagnolo sull’isola di Capo Passero, , voluto dal viceré di Sicilia Marcantonio Colonna nel 1583 e vi spiegheranno che gli antichi romani erano golosi di “garum” salsa a base di pesce di cui nessuno conosce esattamente la ricetta: sulle antiche vasche che servivano per la salamoia è al lavoro un’equipe di archeologi.
Il plotone più numeroso dei borghi che aderiscono al festival, ricade, come l’anno scorso nel Palermitano: qui il festival arriverà in sedici borghi, mentre sono otto i piccoli comuni che aderiscono nell’Agrigentino, due nell’assolato Nisseno, uno ciascuno nelle province di Enna, Siracusa e di Trapani; due nel Catanese e be cinque sono soprattutto arroccati sulle montagne del nel Messinese. Alcuni borghi fanno già parte di percorsi turistici, altri finora erano noti soltanto ad appassionati globetrotter. Nel Palermitano, ci si allarga a raggiera attorno al capoluogo. Partendo proprio dai confini più lontani, al limite con la provincia di Agrigento e lambendo la terra degli antichi Sicani, ecco Contessa Entellina che è sempre stata tra i borghi più attivi sul territorio e quest’anno apre anche una straordinaria masseria fortificata di origini medievali, ma soprattutto propone tutta una serie di esperienze legate al territorio, aperitivi tra i vigneti, visite agli apicoltori o nei caseifici o addirittura in un pollaio di ultimissima generazione tecnologica. E non dimenticate l’abbazia, di una bellezza quasi irreale. Poi c’è Giuliana che vive all’ombra del suo castello federiciano, che ospiterà concerti e degustazioni, ma soprattutto accoglierà al castello visite teatralizzate in costume, facendo rivivere Federico II e le sue donne. Quest’anno nel festival ci sono cinque new entry, e una di queste è proprio Chiusa Sclafani, che conserva ancora intatto il suo cuore medievale, si perde tra monasteri, abbazie e palazzi nobiliari. A Prizzi, il più alto borgo dei Sicani, con le sue tantissime chiese, i reperti archeologici dell’antica Hyppana e le maschere dei Diavuli, vi spiegheranno cosa sono i “muntateddi”; a Castronovo, invece, abitata sin dai tempi preistorici come testimoniano arcosoli e tombe, ci si muove tra abbeveratoi, resti di mulini ad acqua, fontane, cannoli e lavatoi. Eccoci giunti sulle Madonie: c’è Blufi piccina, che l’anno scorso era nera nera di fiamme e oggi apre invece il suo santuario nato lì dove sgorga un olio miracoloso, che si potrà anche acquistare. Ma la vera patria delle olive è San Mauro Castelverde dove si andrà per antichi frantoi a cavallo di due secoli, da metà Ottocento a quelli del dopoguerra, e ci si potrà riposare sotto l’ulivo Matusalemme: 1800 anni portati con brio. A Petralia Soprana spunteranno gli stendardieri e vi faranno addirittura provare a far roteare una bandiera: ma è il borgo antico a tessere una ragnatela di vicoli, cortili e chiese magnifiche. Geraci Siculo è un gioiello e lo è anche di più perché sospesa sul vuoto. E Gangi, una montagna vestita di case, tra musei delle tradizioni contadine, palazzi baronali con misteriosi simboli alchemici e i capolavori di Gianbecchina che ha sempre raccontato la fatica del mondo del lavoro. Scendendo un po’, da Isnello partirà una passeggiata che, attraverso una stretta fenditura di roccia, arriverà ai ruderi del castello: ma vi apriranno anche le porte di chiese che paiono merletti di legno intarsiato e il Gal Hassin, regno di chi sogna stelle e galassie irraggiungibili. A Baucina vi spiegheranno cosa è una comunità: che prepara insieme il cuddiruni, o sfila dietro la vara di Santa Fortunata finanziata dagli emigrati; nella chiesa-salotto di San Benedetto alla Badia, a Caccamo, c’è un pavimento di oltre cinquemila mattonelle dai colori vivaci che rappresentano paesaggi, animali, angeli; a Piana degli Albanesi parleranno la bellissima lingua arbëreshë, tra visite guidate, esperienze e passeggiate; e soprattutto, vi insegneranno sia come si lavora la ricotta per farcire un cannolo che come si cesellano i gioielli artigianali. Chiude Pollina, dove incontrerete chi raccoglie la manna, le “lacrime” bianche dei frassini, e vi affaccerete da quel palcoscenico en plein air che al tramonto diventa rosa. Nel secondo e terzo weekend, il 27 e 28 agosto e 3 e 4 settembre, si aggiunge Vicari: a palazzo Pecoraro Maggi vi mostreranno nove dipinti ritrovati e restaurati con fondi per l’agricoltura, e ognuna di esse ha una firma e una storia da raccontare.
Il filo già lanciato si può riavvolgere per esplorare Calatafimi Segesta che partecipa per la prima volta ai Borghi dei Tesori e segna così il debutto del Trapanese. L’amministrazione ha messo insieme un programma che da solo vale un viaggio di più giorni, anche se deve rinunciare per questo primo weekend (visti gli incendi di ieri che hanno lambito il borgo) alla Matrice dove saranno presentati per la prima volta la torre settecentesca e l’orologio appena restaurati con l’aiuto della Vie dei Tesori: il borgo ha infatti vinto (con Portopalo di Capo Passero) il primo premio Borghi dei Tesori e ha potuto recuperare l’orologio, ovvero ha “restituito” il tempo alla comunità. Ma si recupererà il prossimo weekend e nel frattempo tutta Calatafimi sbarca sui Borghi dei Tesori con un programma bellissimo di venti tappe diverse: la cittadina segnata dall’epopea garibaldina, è da scoprire sia nel museo intitolato all’eroe dei due mondi che a Pianto Romano dove l’Ossario monumentale custodisce le spoglie dei Mille e dei soldati borbonici caduti nella battaglia che il 15 maggio 1860. Sempre Calatafimi Segesta condurrà alla scoperta delle mani fatate dei suoi artigiani (qui il “tombolo” è arte antica); della pasta fritta e delle famose busiate; del bosco Angimbé e dell’Eden semisconosciuto dei Giardini della Kaggera, un percorso incontaminato tra canalizzazioni e mulini antichi, e zachie arabe. E proprio da Calatafimi parte la collaborazione con il SegestaTeatroFestival che si sta svolgendo sia nel parco archeologico che in altre sedi diffuse: i visitatori dei Borghi potranno assistere agli appuntamenti con biglietti scontati.
Visitare tutto sarà impossibile, ma è meglio che resti sempre qualcosa da vedere, per ritornare, approfondire, scoprire magari gli altri borghi. Nel Nisseno, per esempio: partecipano due borghi, e da questi parti si ritrova una Sicilia autentica, assolata, veritiera. A Sutera si entrerà nel cuore autentico del Rabato, il quartiere più antico dove si arrampicano dammusi e “ghittene”, le antiche case in gesso di influenza berbera: qui la chiesa del Carmelo custodisce una Madonna di scuola gagigniana e una pietra di origine medievale ritrovata nella cisterna del castello una volta esistente sul monte, su cui è incisa la cosiddetta “Triplice cinta”. Non perdete le notizie sullo sbarco degli americani nel 1943. Dal borgo si raggiunge Pizzo San Marco, lungo il percorso vi mostreranno “li figureddi”, affreschi di datazione incerta, appena restaurati. Sempre nel Nisseno, anche Vallelunga Pratameno, dove ci si potrà sedere tra banchi da libro “Cuore” di una classe che ha conservato gli arredi tra fine Ottocento e il primo ventennio del Novecento: il calamaio, la lavagna, le cartine, il ritratto del re e del Duce. Fanno parte del museo etnografico dove sono ricostruite le botteghe degli artigiani, con una cura infinita per gli utensili di una volta.
Una provincia, un borgo: Enna infatti partecipa al festival con Centuripe dove per una volta non si parlerà soltanto di archeologia (e qui sanno bene di che si tratta, è la patria degli archeologi ma racconta anche una storia straordinaria, quasi mefistofelica, di furti e falsari) ma aprono le porte due chiese che sono merletti barocchi: non perdete la Matrice, il suo interno è ricco di stucchi, colonne tortili, elementi floreali e putti di sapore popolaresco, e vi racconteranno la storia dei nobili che rifonderanno il borgo a metà Cinquecento, introducendo il culto di Santa Rosalia.