Signor Sindaco, in quanti siamo rimasti in città?
Lo sviluppo di una città non passa unicamente e semplicemente attraverso la realizzazione di
infrastrutture e di servizi, bensì anche e soprattutto attraverso la selezione dei cittadini: di
quelli che vanno via, di coloro che restano e dei nuovi che arrivano.
Se la designazione del ceto dirigente locale consegue al responso delle urne elettorali, la
composizione degli aventi diritto al voto è oramai sempre più determinata dalle scelte
personali in merito alla residenza effettiva, la quale sempre meno viene a coincidere con
quella risultante dai registri anagrafici.
Da qui la domanda espressa nel titolo di questo articolo: Signor Sindaco, in quanti siamo
rimasti in città?
Invero, stando ai dati pubblicati nelle serie storiche elaborate dall’Istat, in questo primo quarto
del secolo XXI la Città di Enna ha perso quasi 4.000 abitanti e dall’ultima rilevazione
effettuata dall’Istituto nazionale di statistica nell’ambito della sua opera di censimento
permanente della popolazione italiana emerge come attualmente i residenti siano poco più di
25.000. E il sommerso?
Sì, perché è nozione generalmente condivisa, oltreché esperienza comune, che tanti
concittadini, pur non vivendo più da lungo tempo in città, vi hanno nondimeno lasciato la
residenza. Il problema è avvertito già a livello nazionale e da alcuni anni si tenta di
fotografare in modo più aderente al reale la situazione demografica ricorrendo a indizi, che si
traducono poi in indici, di vitalità amministrativa per meglio mappare la vera distribuzione
territoriale della popolazione. Può darsi che i residenti-fantasma a Enna si attestino nella
misura del 10, del 15 o addirittura del 20 per cento, purtroppo non è dato saperlo con
certezza; ragion per cui, sarebbe auspicabile che il primo cittadino desse impulso ad
un’attività di accertamento anagrafico che restituisca un quadro esatto della reale presenza di
cittadini in città.
Ad ogni modo, quel che al momento è abbastanza incontrovertibile è che molti ennesi hanno
votato una buona volta per tutte coi piedi, decidendo di trasferirsi altrove, in comunità più
accoglienti poiché in grado di assicurare l’inserimento sociale mediante il lavoro.
La domanda che rivolgo nella chiusa di questo breve pezzo al Sindaco in carica, ma forse
soprattutto agli aspiranti suoi successori, è la seguente: cosa fare per far tornare sui loro passi
coloro che sono andati via?
Il progresso, materiale e morale, della Città ha bisogno dei migliori suoi figli, che
sfortunatamente sono stati i primi e più numerosi a partire.
Visite: 455