
Quando il cuore conta più dei numeri — la lezione della sfida Siaz – Scandone
Non sempre chi segna più punti vince. La serie playoff tra la Siaz Piazza Armerina e la Scandone Avellino lo ha dimostrato in maniera netta, quasi didascalica: nei tre confronti, i siciliani hanno messo a referto 176 punti contro i 195 degli avversari, eppure sono proprio i ragazzi della Siaz a uscire vincitori dalla serie, con due successi a uno. A dimostrazione che, nello sport – e nel basket in particolare – il computo finale non è mai solo aritmetica, ma spesso poesia, nervi saldi e cuore.
La serie è stata un altalena di emozioni, luci e ombre, errori e magie. La prima sfida al PalaFerraro di Piazza Armerina è sembrata scritta da un copione perfetto: la Siaz impone il proprio ritmo, controlla e vince con autorevolezza 66 a 55, difendendo il proprio fortino con grinta e determinazione. Sembrava l’inizio di un cammino in discesa.
Poi la tempesta. La seconda sfida ad Avellino è stata un rovescio durissimo: 73 a 46, un parziale che non lascia spazio a interpretazioni. I campani hanno azzannato la partita dal primo secondo, sfruttando ogni incertezza della Siaz, che è sembrata spaesata, quasi spenta. Una débâcle difficile da digerire, ma non letale.
E poi, la terza. Una partita che resterà impressa a lungo nella memoria di chi ama questo sport. 68 a 67, una vittoria arrivata con un canestro del sorpasso a 1.8 secondi dalla fine, dopo una rincorsa infinita, dopo il rischio di cedere, con l’Avellino che ha avuto anche l’ultimo tiro. Un tiro che ha colpito il ferro, fermandosi lì, quasi a ricordarci che a volte il destino decide di premiare chi ha saputo soffrire di più.
I numeri dicono che Avellino ha segnato più punti. Ma il basket non è somma algebrica. Il basket è anche strategia, lucidità nei momenti decisivi, lettura emotiva del gioco. La Siaz ha vinto due partite su tre. Ha saputo perdere malamente e poi rialzarsi con umiltà. Ha saputo gestire la pressione di una sfida finale che sembrava scivolarle tra le mani. E lo ha fatto davanti al proprio pubblico, chiudendo un cerchio iniziato settimane prima con lo stesso calore.
Le cause di quel divario nei punti complessivi? Sicuramente la seconda sfida, troppo brutta per essere vera, ha pesato come un macigno. Una serata in cui nulla ha funzionato, dalla difesa al ritmo offensivo. Ma forse proprio da lì è nata la reazione. E proprio lì si è compreso che, per vincere una serie, non basta vincere largo: serve vincere le partite che contano. Quelle in cui ogni possesso è un colpo di bisturi.
I rimedi? Ce ne sono diversi, e la Siaz lo sa. Servirà lavorare sulla costanza mentale, sul non cedere ai blackout. Ma se una squadra riesce a risorgere dopo una batosta come quella di Avellino, allora il materiale umano e tecnico c’è. Bisogna solo affinarlo.
Oggi, più dei numeri, restano le immagini: il pubblico in delirio, il canestro del sorpasso, l’urlo liberatorio, il ferro che respinge l’ultimo tiro della Scandone. E la consapevolezza che a vincere, alla fine, è chi ci crede di più. Complimenti Siaz: avete scritto una pagina di sport vera, dove i numeri si fermano e inizia la storia.